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La notizia principale è che Israele
ha invaso la Striscia di Gaza.

Almeno 81 palestinesi uccisi
negli attacchi aerei israeliani,

negli ultimi tre giorni.

Dieci giorni di attacchi aerei,

che hanno causato la morte
di oltre 200 palestinesi.

Sono morti 235 palestinesi.

550.

571 palestinesi.

Più di 600 palestinesi morti.

628.

660 palestinesi morti.

Più di 700.

834.

Numero di palestinesi uccisi: oltre 1.000.

1.034 palestinesi morti,
la maggior parte dei quali civili.

1.200.

1.300 palestinesi.

Più di 1.400 palestinesi morti...

1.500 palestinesi.

Più di 1.600...

1.650.

Più di 1.800...

Più di 1.900.

2,000 palestinesi.

Più di 2.100 palestinesi morti...

Questa è una catastrofe umanitaria,
su questo non ci sono dubbi.

Quasi 2.500 morti.

Abbiamo iniziato a girare questo documentario,

il 15 agosto 2014.

Israele e le fazioni armate
della striscia di Gaza assediata,

combattevano da settimane, quando è stato dichiarato
un cessate il fuoco di cinque giorni.

Il giornalista Dan Cohen ed io,
siamo entrati a Gaza per la prima volta.

Ci siamo diretti verso il quartiere di Shujaiyeh,

dove si erano svolti i combattimenti più intensi.

Mi chiamo Ezz El-Din Hassan Qadek El-Shoueidà,
sono di Beersheba, ho 38 anni.

Mio nonno è nato a Shujaiyeh,
il mio bisnonno è nato a Beersheba.

Che la pace sia con lui.

Non c’è differenza tra Shujaiyeh, Beersheba
o qualsiasi altra terra palestinese.

Non sono uno che fa discriminazioni.

Non ho alcun problema con nessun israeliano.

Lavoravo in Israele, aiutavo i bambini israeliani
ad attraversare la strada.

Ma poi il governo israeliano ha insegnato a quei bambini,
a pilotare un aereo per uccidere i miei figli.

Morirete!

Ciao, palestinesi!

Boom! Così! Boom!

Dobbiamo vincere contro gli arabi
perché gli arabi ci creano problemi!

Arabi del cazzo! Maometto del cazzo!

Domani non ci sarà scuola a Gaza!
Lì non ci sono più bambini!

Ecco cosa si vede percorrendo la strada a Shujaiyeh,

la zona a est di Gaza City,

che si estende fino al confine israeliano.

Rovine dopo rovine.

Case a più piani rase al suolo
dall’artiglieria e dai missili israeliani.

Quando cala la notte, l'unica fonte di luce,
sono i fuochi all'aperto,

e durante la nostra visita,

i corpi venivano ancora riesumati dalle macerie.

Gran parte di questa distruzione ha avuto luogo,

il 23 luglio, nel giro di poche ore,

quando le forze d’invasione israeliane,
si sono trovate,

sotto il fuoco delle forze di Resistenza locali,

subendo perdite inaspettatamente pesanti.

Mentre la fanteria israeliana
fuggiva in piena ritirata,

hanno chiamato l'artiglieria
e le forze aeree,

uccidendo almeno 120 civili palestinesi,

e distruggendo migliaia di case.

L'assassinio di Gaza.

Sono entrati all'alba in questa zona
e hanno iniziato a sparare ovunque.

Hanno sparato circa 40 proiettili al secondo,
fino al mattino successivo.

Sparare ovunque e continuamente.

Vedi la distruzione? Gli edifici sono stati distrutti,
con le persone nascoste all'interno.

Queste sono le immagini dei residenti di Shujaiyeh,

mentre fuggivano dai bombardamenti israeliani,

verso la relativa sicurezza di Gaza City.

La maggior parte sarebbe tornata alle rovine,

ai gusci delle case,

con nient'altro che quello
che riuscivano a portare sulle spalle.

Cacciati da decenni, dalla loro terra,
in quello che oggi è Israele,

sono diventati nuovamente dei rifugiati.

La prima granata è caduta all'ultimo piano,
pensavamo fosse caduta su un altro edificio,

eravamo 50 persone nella stessa stanza,

i miei figli e nipoti, tutti in una stanza.

L'ultimo piano è crollato
e abbiamo pensato che fosse un altro edificio.

Non abbiamo osato uscire dalla stanza!

Il piano sottostante è crollato, c'erano ancora 2 piani,
ed eravamo ancora nella stanza.

Abbiamo pregato, abbiamo chiamato la Croce Rossa,
abbiamo chiamato la Protezione Civile,

per chiederci di portarci fuori,
ma nessuno ha risposto.

Nessuno è venuto da noi.

Abbiamo pregato: "Dio, sei tu il nostro salvatore!"
e abbiamo continuato ad aspettare.

Prima del Suhoor, mio figlio voleva una tazza di caffè,
gli ho detto: "Te ne preparo una".

Ha detto di no, ma io ho insistito.
Sono andata in cucina a prepararlo,

e mentre lo versavo nella tazza,
una bomba è caduta sulla cucina.

Dio mi è testimone, mentre lo stavo versando,

la bomba è esplosa in cucina.

Temevo che gli fosse successo qualcosa,
e che sarei rimasta viva ma con il cuore spezzato.

L'altro mio figlio dormiva nella sua stanza.

Gli ho detto: "Vieni a dormire qui,
così se moriamo ci trovano tutti insieme."

"E risparmiamo loro, lo sforzo di cercarci."

Nel momento in cui stava venendo,
una bomba è caduta sulla sua stanza.

Il lancio delle bombe e dei missili,
non si è fermato fino alle 6 del mattino.

Grazie a Dio siamo riusciti ad uscire,
scalzi e senza velo,

abbiamo trovato un'ambulanza,
in fondo alla strada vicina.

Io sono una donna malata
ho un'ernia del disco,

ma avevo così tanta adrenalina,

da riuscire a trasportare
quattro bambini per scappare.

Quando l'ambulanza ci ha visto,
è tornata indietro.

Con le ragazze e i bambini,

continuavamo a correre, inciampando nei morti,
nei martiri.

La strada era piena di martiri.

Mentre correvo, sono caduta su uno di loro,
mi sembrava di impazzire,

Mi sono voltata e ho continuato a correre.
Pensavo di essere in un incubo.

Grazie a Dio, siamo arrivati alla scuola,
eravamo completamente esausti.

Siamo rimasti 55 giorni alla scuola Al-Huda,
nel distretto di Sheikh Radwan.

Due dei bambini, per andare a prendere il latte
per il Suhoor, sono rimasti sotto le bombe.

Sono dei resistenti? Questi bambini di 10 anni,
sono dei resistenti?

Dimmelo! Possono essere con la Resistenza?

Anche i bambini sono nella Resistenza adesso?
Come può il cuore dimenticarti.. O tu che risiedi nel cuore

La loro casa è stata distrutta, per quale motivo?

Diciamo agli israeliani:
"Perché distruggete le case degli innocenti?"

Non tutti sono riusciti a scappare,

all'invasione israeliana di Shujaiyeh.

Alcuni, come Nasser Shamaly,
rimangono intrappolati nelle loro case,

e mentre cercavano di scappare
sono stati inseguiti.

Un uomo della famiglia Al-Shamaly voleva arrendersi,
ma gli hanno sparato.

Le forze speciali hanno giustiziato
delle persone che volevano arrendersi.

Pensavano che fosse morto, ma il proiettile
gli ha colpito il braccio. Quella è casa sua.

Dio voleva che vivesse,
pensavano di aver colpito il cuore,

ma invece hanno preso il braccio.

Mentre ero in casa sono arrivati,

hanno iniziato a distruggere la casa,
sono uscito e mi sono arreso, con le mani sopra la testa.

Quando sono uscito mi sono arreso.

Ma il problema è che era un ufficiale,
non un soldato semplice,

era l'ufficiale del gruppo.

Non ha detto una parola, nemmeno un suono.

Non ha fatto altro che spararmi.

Quando mi ha sparato sono caduto
e mi sono allontanato.

Lui è tornato,

e mi ha sparato tre volte,
come se mi stesse giustiziando,

ma Dio mi ha protetto,
e tutti i colpi hanno mancato il bersaglio.

Poi se ne sono andati.

Sono rimasto in casa, ferito.

Ho usato dei veli per fasciarmi il braccio.

Poi ho guardato fuori dalla finestra,
e li ho visti demolire i pilastri della casa.

Ho pensato: "Non sono morto per la sparatoria,
solo per morire sotto le macerie".

Guardavo il soffitto e aspettavo
che mi cadesse addosso,

e mi uccidesse.

Allora ho deciso di uscire di casa.

Ho camminato sulle macerie,

dei droni volteggiavano sopra di me,
scappavo e il drone era sempre sopra di me.

Non avevo paura dei proiettili,
avevo paura di essere colpito da un missile.

Mentre scappavo,
potevo essere colpito da un missile.

Ho sanguinato per quattro giorni,

il sangue si è rappreso sui miei vestiti
ed è diventato di colore verde.

Era una cosa strana.

Sembravo spaventoso anche a me stesso.

La gente si chiedeva come facevo
a camminare per strada ferito in quel modo,

ma ho continuato a camminare, finché non ho incontrato
l'autista di un camion, le ambulanze non c'erano.

Mohannad è andato a parlargli
per farmi portare in ospedale.

Quando siamo arrivati al parcheggio,
è arrivata una chiamata di mio figlio,

lui era all'ospedale Al-Sahaba
e io stavo andavo dalla parte opposta.

Mohannad ha risposto e gli ha detto:
"Hisham, porta i vestiti di tuo padre,"

"è qui con me, stiamo andando in ospedale."

Hisham ha risposto:
"Cosa stai dicendo? Mio padre è stato ucciso!"

"Cosa stai dicendo?" ha detto Mohannad.
"Ti sto dicendo che mio padre è diventato un martire!"

Così ha risposto Hisham.

Mohannad lo ha giurato su Dio,
e così Hisham ha chiesto di parlarmi,

Mohannad mi ha detto:
"Parla con Hisham, non crede che tu sia vivo."

Gli ho detto:
"Cosa ti succede? Vieni in ospedale,"

"e portami i vestiti."

Quando ha sentito la mia voce ha urlato.

Quando Mohannad mi ha chiamato
e ha detto che mio padre era con lui,

non ci credevo.
"Mi stai mentendo!" ho detto.

L’esercito israeliano non ha pietà.

Raccontano che sia un esercito civile ed etico,

che non fa del male a chi si arrende,
ed è democratico.

Invece quello che si arrendono vengono giustiziati!

"L'esercito israeliano giustizia persone innocenti."

Questo è ciò che ci ha detto Hisham Shamaly,
e dovrebbe saperlo,

poiché diversi membri della sua famiglia,
sono stati uccisi, come in una esecuzione,

compreso suo cugino, Salem.

Salem Shamaly, 23 anni,
guidava un gruppo di volontari,

dal Movimento di Solidarietà Internazionale,

tra le macerie di Shujaiyeh,
alla ricerca di suo cugino,

che era stato ferito
e aveva bisogno di soccorso.

Uno di quei volontari internazionali,
Joe Catron,

ci ha spiegato cosa è successo dopo.

Il 14° giorno dell'offensiva,
il 20 luglio 2014,

io e altri quattro attivisti
siamo andati nel quartiere di Shujaiyeh,

che Israele bombardava da giorni,

per accompagnare le squadre di soccorso
tra le macerie,

durante un cessate il fuoco di 2 ore.

Un giovane palestinese,

il cui nome avremmo poi appreso era
Salem Shamaly,

ci ha chiesto di accompagnarlo a casa sua,

dove sperava di trovare la sua famiglia.

Sembra sciocco adesso,

ma all’epoca pensavamo che il cessate il fuoco,
avrebbe reso tutto più sicuro.

La casa che controlleremo non è quella lì,

è la casa dopo, giusto?

Va bene.
Ce la faremo?

- Inshallah.
- Inshallah.

Mentre attraversavamo un vicolo,
e avevamo la visuale libera,

verso le posizioni israeliane,
vicino alla barriera di separazione,

uno sparo proveniente dalla loro direzione
ha colpito il terreno accanto a noi.

Ci siamo divisi in due gruppi,

e riparati dietro gli edifici,
su entrambi i lati.

Dopo una pausa, Salem è entrato nel vicolo,

sperando di portare il suo gruppo
dalla nostra parte,

ma è stato colpito da un altro proiettile.
ed è caduto a terra.

Mentre giaceva sulla schiena,

altri due spari lo hanno colpito,
e ha smesso di muoversi.

Oh mio Dio!
Oh Dio, abbi pietà di noi!

Gli spari ci hanno impedito di raggiungerlo.

Quando l'artiglieria israeliana,
ha cominciato a sparare sopra di noi,

colpendo gli edifici che erano dietro,

siamo stati costretti a ritirarci,
lasciando lì il ragazzo.

Il suo nome, lo abbiamo saputo,
solo due giorni dopo,

quando sua madre, suo padre,
sua sorella e suo cugino lo riconobbero,

in un video della sua uccisione,
che avevo postato su Twitter.

Salem, 23 anni,

visto l'ultima volta qui in questo video,
con indosso una maglietta verde,

cercava eventuali parenti intrappolati nelle macerie,
durante il cessate il fuoco della scorsa settimana.

Gli attivisti stranieri, che accompagnavano Salem,
dicono che in quel momento,

un cecchino israeliano gli ha sparato uccidendolo.

I militari israeliani negano,
dicendo che non c'è:

"nessuna prova che supporti l'autenticità di questo video."

Ma il video è diventato virale.

La sua famiglia lo ha visto, ed è così
che hanno saputo della morte di Salem.

Salem è un martire, ma non riuscimmo
a recuperare il suo corpo se non sette giorni dopo.

Potresti raccontarci qualcosa di Salem?

Ricordo che mio fratello Salem
era gentile con noi,

ci portava tutto ciò che volevamo.

Ci dava qualunque cosa chiedevamo,
e aiutava nostro padre con i soldi,

per darci una paghetta.

Ci ha comprato dei vestiti,
ci ha comprato proprio quello che volevamo,

tutto ciò che volevamo,
lo ha comprato per noi.

A volte ci portava con sé,
e ci lasciava scegliere quello che volevamo.

Adesso se n'è andato e nessuno ci porterà,
nessuno ci comprerà niente.

Racconta cosa ti ha comprato Salem,
quella volta che ti ha comprato la pistola giocattolo.

Ci giocavate insieme,
ti faceva sempre vincere.

Era tenero e aveva un buon cuore.

Chi ha rotto la pistola giocattolo
che ti ha comprato Salem?

Diglielo...

Quello che è successo è stato troppo duro,
non ha potuto sopportarlo ed è rimasto traumatizzato.

Era come se avesse perso la vita.

Ero con lui e mi ha affidato i suoi ultimi desideri,

quasi come se sapesse che se ne sarebbe andato.

Benché fosse giovane,
mi ha confidato le sue ultime volontà,

come se stesse andandosene.

Se non fosse stato per la misericordia di Dio,
sarebbe morto prima.

Sapete, il problema non è solo quello che è successo,
ma sono le conseguenze,

del dopo il bombardamento,
dopo questa offensiva.

Qui stiamo parlando...
Salem è un esempio,

ed è una buona cosa...
averlo documentato e reso pubblico.

Ma molti abitanti di Gaza,
vivono le stesse circostanze.

Qui parliamo di migliaia di bambini di Gaza,

che stanno vivendo un trauma.

Quello che è successo a Gaza non è accettabile,

dalla mente umana.

Tutto quello che vediamo a Gaza,

è quello che vedevamo nei film.

Se vai a Shujaiyeh, puoi vedere che questo
è ciò che ad esempio accade,

nel film
"2012: La fine del mondo",

ma la differenza è che qui accade realmente,

mentre nel film usano la grafica.

Le città e le case distrutte,
possono essere ricostruite

se ci sono le risorse.

Ma che dire dei sopravvissuti?

Come possono guarire le profonde cicatrici
impresse nella loro psiche?

I giovani di Gaza sono cresciuti
attraverso tre guerre,

ognuna più devastante della precedente.

Almeno il 90% degli adolescenti a Gaza,

soffrono del "disturbo da stress post-traumatico".

Con i molti problemi che lì hanno
i servizi di salute mentale,

queste cicatrici invisibili
potrebbero non guarire mai.

Questo video, girato dall'interno
di un carro armato israeliano,

mostra il modo di come i soldati israeliani,
preferiscono affrontare,

la popolazione di Gaza.

Sono appostati appena fuori Khuza'a,

città che avevano appena devastato.

Qui Khuzaa,

30 luglio 2014,
operazione "Tzuk Eitan".

Stiamo per far esplodere,

qualcosa come 11 tonnellate di esplosivo,
sopra e sotto terra.

L'esplosione sarà dedicata,

al ricordo dei tre caduti,
dall'inizio dell'operazione:

Amit Yeori, di benedetta memoria.

Guy Boyland, di benedetta memoria.

E Moshe Davino, di benedetta memoria.

Il battaglione ha combattuto nell'operazione
fino dall'inizio,

nella "Brigata Combat Team 84",
e nella "Brigata Combat Team Givati"...

Di fronte puoi vedere la moschea,
e al suo interno,

si trova il pozzo di un importante tunnel,

e anche questo farà parte
dell'esplosione che si sentirà,

in tutto il villaggio fra pochi secondi.

In questi momento il comandante del battaglione
dà gli ordini,

al collegamento di brigata,
e al collegamento di battaglione.

Tra pochi secondi ci sarà l'esplosione.

Lunga vita allo Stato di Israele!

Khuza'a, una piccola cittadina agricola
di 20 mila abitanti,

situata a fianco del confine israeliano,

è il luogo di alcune delle più raccapriccianti
atrocità israeliane della guerra.

Questa era la moschea Ebad Al-Rahman,

dopo che le truppe israeliane
l'hanno distrutta con esplosivo C4.

Come gran parte della città di Khuza'a,
è stata ridotta in rovina.

Mi chiamo Fatehi Jum'a Suliman Abu Jamus,
sono residente a Khuza'a, e ho 65 anni.

- Cosa è successo?
- La casa è stata bombardata da Israele.

Israele ha bombardato la mia casa,

con due o tre bombe.

È questa la legge dello Stato?
È questo ciò che Dio dice di fare?

Non è un peccato?

- Era fuori casa?
- Sì, ero fuori.

Eravamo tutti fuori.

Lascia parlare me.

Eravamo tutti fuori casa.

Se fossimo rimasti, saremmo tra le macerie.
Ma eravamo fuori.

- Sono rimasti dei martiri sotto le macerie?
- Sì, uno.

- Era un membro della famiglia?
- Sì, era mio cugino.

Vuole dire qualcos'altro?

Cosa posso dire?
Tutto questo non ha bisogno di parole.

Non c'è bisogno di parlare,
si descrive da solo.

Migliaia di civili sono rimasti intrappolati
a Khuza'a per giorni,

mentre le forze israeliane hanno istituito
un cordone fuori dalle sue porte.

In un bar a Gaza City,

ce lo hanno spiegato due volontari medici
della "Mezzaluna Rossa Palestinese",

che hanno tentato di penetrare l'assedio israeliano.

Hanno descritto l'ingresso nell'area,
come una "porta per l'inferno".

Siamo rimasti scioccati nel trovare
così tanti cadaveri per le strade.

C'erano corpi decomposti,
ma non sapevamo cosa poter fare.

La seconda volta che siamo entrati,
abbiamo trovato 10 corpi sparsi qua e là.

Ho provato a trasportare un corpo,
ma l'odore, i vermi, la carne,

la carne, si staccava.

Alzavi un braccio e si staccava.

Non c'era niente che potessimo fare.

Non sapevamo cosa fare.
Non abbiamo potuto fare nulla.

L'unica soluzione era scavare e seppellirli,

ma le loro famiglie non lo avrebbero accettato,

quindi abbiamo portato i bulldozer,
per raccoglierli e spostarli.

Una vecchia, un giovane, un vecchio, dei bambini...

Qualcosa di atroce.

La famiglia Rjeila era
tra quelle intrappolate a Khuza'a,

dai soldati israeliani.

Tentarono una fuga disperata,

e finirono per scontrarsi
con una colonna di carri armati israeliani.

Il viaggio è stato particolarmente tragico
per un membro della loro famiglia.

Ghadir, sedici anni, gravemente disabile,

e costretta su una sedia a rotelle.

C'erano circa 10 anziani e disabili,
inclusa Ghadir.

Era mia sorella.

All'ingresso di Khuza'a
ci si è avvicinato un carro armato,

e ha iniziato a spararci.
Mio fratello spingeva la sedia a rotelle di mia sorella.

Gli hanno sparato con proiettili esplosivi, al braccio
e alla gamba destra. Eccolo mio fratello.

Gli hanno sparato con proiettili esplosivi al braccio
e alla gamba destra.

Il carro armato ha sparato più volte,
sono state uccise più di 40 persone.

Abbiamo provato a recuperare nostra sorella,
ma gli spari si facevano sempre più intensi,

come se non volessero che ci avvicinassimo.

Quindi la ragazza è rimasta lì,
nonostante i nostri numerosi tentativi.

Ho provato a chiamare la Croce Rossa
per recuperarla, viva o morta.

Sai, quando qualcuno è appena morto,

il corpo inizialmente mantiene la sua forma.

Non c'è stata risposta da nessuna agenzia.

Alla fine, ci fu una pausa di 72 ore.

Non il venerdì in cui siamo usciti,
quello successivo, quasi dieci giorni dopo.

C'è stata una pausa di 72 ore.

La tregua è durata tre giorni, a partire da venerdì,
dalle 8 del mattino.

Ci siamo recati in quella regione,
per recuperare la nostra sorella,

e raccogliere i corpi dei martiri,
dopo 11 giorni.

Abbiamo trovato mia sorella ma eravamo terrorizzati,
sparavano ancora.

L'abbiamo messa su un lenzuolo,

e abbiamo camminato per 3 o 4 chilometri
fino ad arrivare all'ambulanza.

Mentre la seppellivamo,

quattro o cinque proiettili hanno colpito quella zona,

ma grazie a Dio nessuno si è fatto male.

Dio ci ha protetto,
perché volevamo seppellire un corpo.

La situazione era così difficile.

Per 11 giorni non siamo potuti andare da lei,
e lei se n'è andata...

Hani al-Najjar è riuscito a scappare,

dall'invasione israeliana a Khuza'a.

Tornato a casa, però,
ha fatto una terrificante scoperta.

Gli ebrei israeliani hanno ucciso
sei persone in questa casa...

uno qui e cinque in questa stanza.

Una cosa terrificante.
Terribile!

Nella mia casa.

- Ne hanno ucciso uno qui?
- Sì, uno...

- E cinque lì dentro?
- Sì, questi sono...

I capelli?

Sì, i capelli.

E questo è un mio pollo.

Un tuo pollo?
C'è un coltello perché hai ucciso il pollo?

Sì.

Qui gli ebrei israeliani hanno usato coltelli,
pistole e granate.

Quelli sono i capelli.

E questa una ciabatta.

Coltelli, armi da fuoco e...

Siamo andati nella zona di Khuza'a.

Gli israeliani hanno circondato questa zona.

E hanno limitato i movimenti
di tutte le persone di Khuza'a.

Nessuno poteva uscire.

La situazione era difficile, tutti chiedevano aiuto.

L'esercito israeliano ci ha dato il permesso
di entrare nell'area di Al-Qarara.

Volevano che prendessimo un uomo
a cui avevano sparato ad entrambe le gambe.

L'esercito lo ha ferito e la Mezzaluna Rossa
ha chiesto un coordinamento alla Croce Rossa,

per entrare nel luogo dove c'era questa persona
e soccorrerlo.

Inizialmente ci siamo rifiutati
di andare in una zona non sicura.

Mezz'ora dopo, la Croce Rossa ha chiamato
e ha insistito perché andassimo.

Poiché gli israeliani lo hanno richiesto,
hanno insistito affinché andassimo,

a prendere questo uomo legato ad un albero
e ferito alle gambe.

Il nostro amico Mohammad al-Abadla,
anche lui paramedico, conosceva perfettamente quella zona.

Ha detto: "Nessun problema, andiamo.",
ed insieme ad un altro medico, sono andati.

Hanno raggiunto la strada al-Omda.
Alla fine della strada c'era stato un bombardamento,

e un palo elettrico abbattuto bloccava la strada.

L'ambulanza era a soli 10 metri dalla vittima.

Hanno deciso di camminare per raggiungere l'uomo,
perché non potevano andare con l'automezzo.

Hanno chiamato la Croce Rossa,
e gli hanno detto di mandarne anche due di loro.

Gli è stato ordinato di portare l'uomo ferito
con una barella.

I due uomini hanno preso la barella
e hanno iniziato a camminare.

La Croce Rossa ha chiamato la Mezzaluna Rossa
e ha detto loro di accendere la torcia elettrica,

per cercare intorno e trovare l'albero
dove era l'uomo.

Non appena hanno acceso la torcia,

sono iniziati gli spari.

Ci sono voluti 15 minuti prima
che lo raggiungessero.

Quando hanno ottenuto il permesso,

uno dei due era già morto.

Erano a soli 5 minuti dalla nostra clinica,

ma abbiamo dovuto aspettare 15 minuti
per avere il permesso di raggiungerli.

Eravamo a solo un metro da lui.

Se non fosse stato per il fuoco inteso,
avrei potuto raggiungerlo con il braccio.

Ma ogni volta che provavamo a tirarlo,
la sparatoria diventava più violenta.

La sparatoria non ci ha ucciso,
ma stavamo morendo di dolore per il nostro amico.

Questo è Abadla...

Durante l'assedio a Khuza'a,

le persone molto malate e gli anziani,
per sfuggire all’assalto israeliano,

sono quelli che hanno sofferto di più.

Anche gli anziani non sono stati risparmiati
dalla crudeltà delle forze israeliane.

Ho eseguito l'abluzione,
per recitare la "Ṣalāt al-ẓuhr" in quella stanza,

tenendomi con il bastone.

Mentre pregavo e invocavo Dio,

ho alzato lo sguardo
e c'erano quattro soldati davanti a quella porta!

Esultavano come se avessero catturato la loro preda.

E hanno iniziato a picchiarmi.

Avevo un po' di energia

così ho detto
"Ascoltate, soldati israeliani, ascoltatemi!"

Mi sono saliti sul petto e mi hanno colpito qui e qui.

Li ho spinti via e mi sono alzato.
Dio mi ha aiutato.

Ho detto: "Perché mi picchiate?
Sono un vecchio nato ai tempi dei turchi."

I turchi.
Nel 1916, I turchi.

Sono nato prima che la Gran Bretagna entrasse nel Paese.

Mia madre mi ha concepito...

Dopo di che...

"Perché mi stai colpendo?
Perché vuoi uccidere un vecchio?"

No, non posso.
Non posso...

Per 51 giorni, Israele ha bombardato Gaza,

con tutta la potenza della sua artiglieria.

Secondo le stime militari israeliane,
23.400 proiettili di carri armati,

20.400 proiettili di artiglieria,

e 2,9 milioni di proiettili,sono stati sparati
durante la guerra contro Gaza.

Sono 2 proiettili
per ogni uomo, donna e bambino,

presenti nella Striscia di Gaza.

Questo filmato è stato trasmesso
dalla televisione israeliana "Channel 2",

al culmine dell'offensiva.

"Come nella canzone di Noa e Adi Cohem,
"Each Wave Carries a Souvenir,"

"nel reparto 7, ogni bomba viene lanciata
con un messaggio scritto."

Per il mio compleanno, il mio 24esimo compleanno,
mi hanno dedicato una bomba,

Divertitevi.

- Gli anelli!
- Cosa c'è scritto?

Questo è per non aver fatto la doccia
per una settimana

Per voi!

Fuoco!

Vuoi mangiare sushi?

Amico, stai facendo foto al sushi.
Fotografa le persone...

Di nuovo a Khuza'a.

Quelli che avevano sopportato il peso
dei proiettili di artiglieria,

progettati per provocare
una distruzione indiscriminata,

descrissero la ferocia che avevano sopportato,

e prevedevano un amaro futuro
tra le rovine delle loro case.

Parla con lui.

Suo figlio è stato ucciso mentre curava le persone,
che i servizi di emergenza non potevano raggiungere.

- Di quale agenzia di stampa sono?
- È americano.

Americano, ottimo!

- Cos'è successo a tuo figlio?
- Innanzi tutto, nel nome di Dio misericordioso,

trattandosi di un'agenzia di stampa americana,
vogliamo innanzitutto ringraziarli.

Ringraziamo gli americani,
che sono bravissime persone,

che ci trattano con gentilezza e rispetto.

Ci danno del pane e dei sandwich,

e danno ad Israele missili, carri armati
e aerei da guerra.

Questo ragazzo qui, tra 10 o 15 anni,
costruirà una bomba atomica a casa sua,

per cancellare completamente Israele!

Perché?
Perché ha visto suo padre morire prima di lui,

e ha visto davanti a lui suo zio martire,

la sua casa di famiglia è stata saccheggiata
e d'ora in poi dovrà vivere in una tenda!

Questo ragazzino non avrà né cibo né acqua!

Allora come possiamo cancellare l'odio
dal cuore di questi bambini?

Come possiamo?
In quale modo? Diccelo!

Come insegniamo a questi bambini
a provare di nuovo la gioia?

Dovremmo ucciderli tutti con i missili?

O dovremmo ingannarli con un pezzo di pane?

No, non può essere ingannato.

Chi vuole il pane americano,
i bambini piccoli?

Obama ti manda dei palloncini, li vuoi?

- No.
- Non è così che funziona!

Questo non basterà.

Allora, cosa ne pensate?

Questo è il mio messaggio
al popolo americano e al mondo intero:

Possa Dio punire tutti coloro che hanno fatto del male
al popolo palestinese.

I palestinesi non sono terroristi, sono persone.

Rafah, la città al confine tra Israele ed Egitto.

I suoi quartieri periferici sono state
le prime zone attaccate,

dalle forze israeliane.

Ed è stato lì che abbiamo incontrato i testimoni,

delle atrocità che ne seguirono.

E' lì abbiamo appreso
come l’esercito invasore israeliano,

seleziona gli scudi umani
tra la popolazione civile.

Eravamo in quella casa quando sono entrati.

Per prima cosa hanno detto agli uomini
di uscire in fila indiana. Poi le donne.

E quando uscirono?

Quando uscirono, spararono al primo uomo,

e usarono suo figlio come scudo umano,
per entrare nelle altre case.

- Raccontaci cos'è successo.
- Dopo che mi hanno portato dentro?

Mi hanno bendato e ammanettato,
poi mi hanno portato dentro.

Mi hanno detto di andare con loro,
e hanno appoggiato un M16 sulla mia schiena.

Erano circa sei.

Mi hanno messo al muro, e mentre ero ancora legato,
mi hanno fatto assalire dai cani.

Hanno scritto:
"Nord, Sud, Est, Ovest".

Hanno rotto tutto, non è rimasto niente.

Hanno scritto sui muri.
Venite alla finestra.

Qui mi hanno bloccato da dietro,

e mi hanno spinto da questa finestra a quella,

poi mi hanno sbattuto contro il muro
e mi hanno fatto sedere.

Qui c'era un cecchino,
e ha ucciso due giovani.

Non avevano nulla a che fare
con alcuna organizzazione o altro.

Entrambi sono stati colpiti alla testa.

Ogni ferita era grande così.

- 53 millimetri.
- No, il 53 è troppo piccolo.

Hanno ucciso due ragazzi,
Saleh al-Zghreiby e Alaa Abu Shabab.

Quelli sono i ragazzi che hai trovato quando...

Sì. quando tornavamo dalla preghiera.

Non potevamo aiutarli.

Era il venerdì prima della guerra,
prima del venerdì nero.

Non potevamo avvicinarci.

Non potevamo fare nulla, avevamo paura
che ci accadesse qualcosa di brutto.

Da qui hanno sparato anche ad una anziana.

Abbiamo attraversato la strada
fino alle rovine di un'altra casa,

e al centro di un campo bruciato,
abbiamo incontrato Suleiman Zghreiby,

il padre di Saleh, uno dei due ragazzi uccisi.

Questo è il secondo martire,
non il primo.

- Quando è stato il primo?
- Nel 2006,

E la prima casa è stata nel 2006.

Una martire e una casa nel 2006,
e un martire, una casa, e un’auto nel 2014.

Abbiamo ricevuto l'avviso di uscire di casa,
e così abbiamo fatto.

Lungo la strada, un giovane è stato assassinato.

Mio figlio Saleh ha cercato di aiutarlo.

Gli hanno sparato qui.

Ha cercato di scappare.

È arrivato all'ulivo,
ed è stato colpito di nuovo alla schiena.

Il proiettile lo ha colpito qui
ed è uscito dal petto.

Aveva 22 anni e guidava quella macchina lì.

Vivevamo di questa macchina.
Non era un'auto privata, ci serviva per lavorare.

Che Dio ci perdoni.

Non urliamo più, quello che soffriamo
non si spiega a parole.

Se proviamo a trovare le parole,
non ci riusciamo.

Stiamo soffrendo da quando
abbiano dovuto resistere.

Da 60 anni soffriamo a causa di Israele.

Guerra ogni giorno, sparatorie ogni giorno.

Ogni volta che costruiamo una casa, la distruggono.

Se alleviamo un figlio, lo uccidono.

Qualunque cosa facciano,
gli americani, Israele e il mondo intero,

noi resisteremo fino alla morte dell'ultimo di noi.

Anche se trasformassero tutta Gaza in macerie come queste,
non ci arrenderemo.

Consegneremo le macerie di Gaza a Israele.

Finché saremo ancora vivi e avremo la forza,

continueremo a lottare,
a lottare per far valere i nostri diritti.

Dopo aver trasformato tutto in distruzione,
solo allora potranno entrare a Gaza.

Quando l’ultimo di noi muore,
solo allora potranno entrare a Gaza.

Ho perso 2 martiri, 2 case, e un'auto per lavorare.
La casa è distrutta, come puoi vedere.

Adesso sono senza casa, ma chiedo alla Resistenza
di continuare a combattere,

finché non otterremo i nostri diritti.

Che qualcuno in alto ci aiuti.

Il 22 agosto 2014,

sembrava che la guerra
stesse finalmente finendo.

I diplomatici a Il Cairo
avevano concordato un cessate il fuoco,

ma l’opinione pubblica israeliana,
chiedeva a gran voce di continuare la guerra.

I militari organizzarono così un ultimo attacco,

questa volta prendendo di mira
il cuore della città di Gaza.

Queste sono le rovine di "Zafer 4",

un palazzo residenziale
senza alcun valore militare.

I residenti facevano parte
della classe media istruita di Gaza.

Quasi tutti erano stati costretti ad evacuare,

e a guardare le loro case, i loro averi
e i loro ricordi,

andare in fiamme,

a causa di una bomba anti-bunker
di fabbricazione americana,

lanciata dai jet israeliani.

Un intero palazzo,
è stato completamente distrutto in un batter d'occhio.

Ho provato a cercare soldi, gioielli o altro,
ma non è rimasto nulla.

Chiaramente, Israele
non aveva motivi validi per bombardare.

Bombardano i civili,
perché qui non c'è la Resistenza.

C'erano solo civili,
solo civili vivono in questa complesso residenziale.

Siamo scioccati dal silenzio del mondo.

Anche le organizzazioni per i diritti umani tacciono.

Chiedono i diritti degli animali,
mentre qui non ci sono i diritti umani.

Da un palazzo distante,

Dan Cohen ha filmato un attacco di droni israeliani,

seguito da successive bombe anti-bunker,

lanciate da aerei d'attacco F16,
contro un altro complesso residenziale,

conosciuto con il nome di
"Italian Compound",

che ospitava decine di famiglie
della classe media, nel centro di Gaza.

Gli israeliani non sono riusciti,
a far crollare il palazzo,

ma lo hanno comunque distrutto.

Alla base dell'edificio distrutto,
abbiamo incontrato un gruppo di operai,

mentre tentavano di recuperare
gli effetti personali,

dei suoi residenti,
che ora sono rimasti senza casa.

Nelle fondamenta del palazzo,

abbiamo trovato una delle bombe
da 2.000 libbre,

usate dall'esercito israeliano
per distruggere il palazzo.

- Vieni
- Riprendi.

È caduto su questa zona.

È esploso lì e poi è caduto qui.

Dopo essere parzialmente esploso,
è atterrato qui.

Se fosse esploso completamente,
avrebbe distrutto l'intera area.

Hussam Barawi era tra le decine di famiglie,

rimaste senza casa
a causa dall'attacco aereo israeliano,

al palazzo "Italian Compound".

Le rovine della nostra casa,
mostrano la codardia e la barbarie di Israele.

Questa non è una fabbrica di razzi,
o un magazzino di armi.

Qui ci sono solo civili.

Questo palazzo è chiamato
"Italian Compound".

Lo ha costruito un investitore italiano.

Un investitore italiano ha acquistato questo terreno,

e ha costruito questa bellissima residenza,
secondo gli standard occidentali.

Moderno, sviluppato e progettato
per resistere ai terremoti.

Chi vive in questa torre?
Ingegneri, medici, insegnanti e uomini d'affari.

Il meglio della nostra società,
che rappresenta cultura e civiltà.

Ci chiediamo:
"Perché il palazzo è stato distrutto?"

È la barbarie israeliana,

che mira a tutto ciò che esiste sulla terra,
pietre, esseri umani, natura e tutto il resto.

Perché? Per creare terrorismo,
creare paura e cacciare le persone dalla loro terra.

Questa è la mia casa, questa è la terra di cui sono fatto,
amo questa terra, la amo.

Vengo da lei e lei è me, la mia casa è Gaza,
Gaza è mia madre, la Palestina è mia madre.

E devo essere buono con mia madre.

Devo ricambiarne l'amore.

Dopo aver sopportato il trauma
della morte e delle ferite,

dopo aver resistito alle conseguenze,

di uno degli eserciti più potenti del mondo,

e aver assistito alla distruzione sistematica,

delle loro case, dei loro paesi,

delle loro città e dei loro luoghi di lavoro,

dopo 51 giorni di guerra incessante,
è stato dichiarato il cessate il fuoco,

e la popolazione di Gaza
si è riversata nelle strade,

per celebrare la loro sopravvivenza.

Tra le rovine di Shujaiyeh,

le "Brigate Izz al-Dīn al-Qassām",
si sono mostrate in pubblico,

per la prima volta dall'inizio della guerra.

Dopo aver trascorso 51 giorni
letteralmente sottoterra,

questi guerriglieri erano liberi
di celebrare il loro successo,

davanti ad un popolo ammirato.

"Il nostro popolo è orfano da troppo tempo,
oppresso e sconfitto."

"Oggi, da Gaza, la Resistenza e la vittoria,"

"hanno mostrato al mondo intero
che non siamo più orfani."

"Gli orfani sono cresciuti
e la loro resistenza si è intensificata."

"Non permetteranno a nessuno,"

"non importa chi sia, di opprimerli o abusarne!"

Arriveremo vittoriosi a Gerusalemme,
anche se ci vorranno un milione di martiri!

Vittoriosi! Vittoriosi!

Che Dio benedica la Resistenza e i nostri combattenti!

Essere martiri non è un problema!

Continueremo a resistere fino al nostro ultimo figlio!

Nella città di confine di Beit Hanun,

c'era lo zoo e il parco divertimenti di Bisan.

Prima della guerra,
questi due luoghi, davano agli abitanti di Gaza,

un raro sollievo dall'assedio.

Ora il posto era chiuso
e avvolto nella tristezza.

Sono morti circa 35 animali.

Che percentuale è?

Circa l'85% di tutti gli animali.

Non è rimasto nulla, circa l'85% è morto.

Qual è il tuo animale preferito qui?

Le scimmie.
Loro mi fanno divertire.

Gioco con loro, ci scherzo
e loro rispondono al gioco.

Quando gli do da mangiare,
prende il cibo con le mani.

Adoriamo tutti giocare con loro.

Proviamo molto dolore.
Io trascorrevo qui circa 18 ore al giorno.

Andavo a casa mia per 5 o 6 ore,
e poi tornavo di nuovo qui.

Lavoro qui come volontario.
Ci viene pagato solo il costo del viaggio.

L'abbiamo costruito poco a poco,
e poi l'abbiamo finito e ne siamo rimasti soddisfatti.

L'abbiamo aperto al pubblico gratuitamente.

Per me era come se fossero stati uccisi,
degli esseri umani.

Alcuni potrebbero pensare,
che la morte degli animali non abbia importanza,

ma la loro morte mi ha colpito,
come se fossero persone che conoscevo.

Portavamo loro il cibo dalle nostre case.

Li abbiamo trattati come se fossero persone che conosciamo,
come farei con un amico.

Mesi dopo il cessate il fuoco,

l’elettricità era stata ridotta
a quattro ore al giorno,

mentre nelle regioni di confine di Gaza,

i residenti sono rimasti letteralmente al buio.

A Shujaiyeh, la famiglia Abu Kheysi
con fatica ha dovuto ad arrangiarsi,

in mezzo alle rovine della loro casa.

Ecco, guardate la situazione
dei bambini piccoli.

Ho passato la vita a lavorare
per costruire questa casa.

54 anni di lavoro per questa casa,
e in pochi secondi la distruggono,

perché c'è la Resistenza.
Ma noi non siamo della Resistenza, siamo civili.

Vedi com'è?

Ora sono rimasti soltanto brandelli di muri.

È tutto rovinato e dovrebbe essere distrutto.

Quel bambino lancia pietre agli israeliani.

Lui ha solo 3 mesi ma ha già visto la guerra.

- Come si chiama?
- Wadie

Mentre l'autunno diventava inverno,

Israele ed Egitto stringono l'assedio.

La disperazione che si diffondeva a Gaza
era particolarmente palpabile,

anche nel campo profughi di Shati,
lungo il litorale.

Nella mia famiglia ci sono cinque persone.

Non ho un vero lavoro da tre anni.

Non ci sono posti di lavoro.
La vita qui è senza speranza.

Mio figlio mi chiede qualche soldo,
e non ne ho neppure uno da dargli.

Mia moglie ha bisogno di cose,
ma non posso comprargliele.

Viviamo una vita amara.
Non ho soldi per pagare l'affitto.

Mia moglie ha chiesto più volte il divorzio
perché sono disoccupato.

A volte non abbiamo cibo
perché non ho un vero lavoro.

I miei figli non hanno nemmeno vestiti adeguati.
La situazione è disperata.

A volte riceviamo aiuto
da un'associazione di beneficenza.

Ma non in modo costante.
La situazione è brutta.

Lavoro dall'alba al tramonto, per pochi dollari.

Ma può bastare questo?

Il proprietario della casa ci ha sfrattati,
voleva l'affitto.

Ci siamo spostati tra 30 case.

Non importa quanto lavoro,
il denaro va tutto in affitto.

Nessuno si prende cura di nessun altro in questo mondo.

Ad essere sincero, una volta ho provato ad avvelenarmi
a causa della situazione della mia vita.

Sono vivo, ma non posso garantire
una vita dignitosa ai miei figli.

Dovrei diventare un ladro?

Non è il mio modo di fare.

Ho cercato di uccidermi,
per liberarmi del peso di questo mondo.

L'inverno a Gaza è particolarmente rigido
in questo periodo.

Migliaia di famiglie non hanno un posto dove rifugiarsi,

dal freddo e dalle piogge.

Questa famiglia fa affidamento su un telo mimetico,
lasciato dagli israeliani,

per mantenere lontana l'umidità
da quello che resta,

della loro casa distrutta,
da quegli stessi israeliani.

Senza elettricità,

a volte l'unico modo per riscaldare la casa,

è accendere un fuoco nel salone.

A causa dell'embargo israeliano,
posto sulle infrastrutture idriche,

le aree basse come queste,
sono particolarmente vulnerabili alle inondazioni.

Circa 100.000 case sono state distrutte
dalle forze israeliane,

durante il loro assalto a Gaza,
durato 51 giorni.

Qui, a Khuza'a, sono 55 le famiglie rimaste
senza casa a causa della guerra.

Ora sono rifugiate in alcune strutture temporanee,
donate dalle organizzazioni umanitarie.

Vivo in questa roulotte.
Ci sono sette persone nella mia famiglia.

Mia madre è una donna anziana,
non vede e non cammina,

e io sono malato, disabile a causa
della mia vista scarsa.

All'inizio dell'inverno,
quando abbiamo iniziato a vivere qui,

un venerdì ha piovuto molto forte.

L'acqua è entrata qui,
a partire dallo scarico del bagno,

e tutto si è inondato di liquami.

La roulotte era piena d'acqua,
tanto che il ragazzino è quasi annegato.

Altra acqua arrivata da fuori,
è entrata e si è mescolata alle acque di scarico.

Il ragazzino è quasi annegato.
Lo cercavamo ma non riuscivamo a trovarlo.

Alcuni giovani sono accorsi per salvarci.

Ci hanno tirato fuori,
quando l'acqua era arrivata fino a qui.

Entrava molta acqua.

La gente ha avuto pietà di noi e ci ha dato
dei mobili per sostituire quelli che avevamo perso.

Spero che la nostra casa venga ricostruita presto.

Ahmad non può camminare. Stiamo cercando di curare
la sua condizione di fenilchetonuria,

ma non ci sono progressi.

Lo abbiamo aiutato sperando che riuscisse a camminare.

Molti alimenti gli sono vietati
Deve mangiare solo cibi particolari.

Gattona giorno e notte, ma non può camminare.

È una situazione difficile.
Un bambino così che non può mangiare qualunque cosa.

Ha bisogno di cibo e bevande speciali,
che sono costose e non posso comprare.

Avevamo solo quella casa.
Siamo semplici agricoltori.

La terra è distrutta, gli alberi sradicati,
la casa crollata.

Non è rimasto nulla.

Come vedi siamo tornati a zero.

Il 1948 fu più facile di adesso.

Non c'è alcun futuro.
Qui al confine non vedo futuro.

Queste aree di confine,
sono i primi luoghi che invadono.

Le zone intorno a Khuza'a e Beit Hanun,
sono sempre le prime ad essere invase.

Costruiamo, coltiviamo e raccogliamo,
poi arrivano i carri armati e distruggono tutto.

Tutto il tanto e duro lavoro,
è perduto in un solo secondo.

I Najjar, la mia famiglia,
hanno perduto 48 persone in guerra.

Questa è stata la guerra più difficile.

In confronto al massacro di Sabra e Shatila nel 1982,
e perfino quello del 1948 e del 1967,

questa guerra è stata ancora più difficile
per la popolazione civile.

È stata una guerra di sradicamento.
È come se Israele fosse infuriata con noi.

Un annientamento!

Grazie a Dio rimarremo in questa terra santa,
fino all'ultima goccia del nostro sangue.

Lodiamo Dio.
Che ci dia la forza di restare qui.

Non osare fumare il narghilè!

Ma sto lavorando!
Si lavoriamo!

Prima lavoravamo tutto il giorno, ma ora è cambiato.
Non abbiamo soldi.

Elettricità?

Tu sei la luce,
noi non ne abbiamo bisogno.

Diglielo.

Raccontaci del costo elevato dell'hashish.

- Riguardo...
- Sto solo scherzando!

Digli quanto costa un grammo di hashish.

Oddio!

Stai parlando di quello
di cui penso tu stia parlando?

Sì, è totalmente pazzo!

Un grammo di hashish costa 25 shekel.

Passarono i mesi e le fredde piogge invernali,
lasciarono il posto

al caldo torrido della primavera.

A Shujaiyeh viveva ancora la famiglia Abu Kheysi,

in quello che restava della loro casa,

ma senza il componente più giovane.

Nato durante la guerra,

il piccolo Wadie non è riuscito a superare
il rigido inverno.

È nato in guerra ed è morto in guerra.
Beh, poco dopo la fine della guerra.

Mio figlio viveva al piano di sopra,
in una stanza bombardata, coperta con una tenda.

Ci aveva vissuto da quando il proprietario della casa,
li aveva sfrattati perché non potevano pagare l'affitto.

E così ha dovuto vivere con la sua famiglia
in quella stanza.

Il ragazzo è morto di freddo.

Faceva molto freddo.

La stanza è quella che era,
puoi andare di sopra a vedere.

Sono la mamma di Wadie. Quando è iniziata la guerra,
come sai, eravamo sfollati nella chiesa.

Siamo stati lì una notte ma non lo sopportavo,
ero disorientata.

Ero all'ultimo mese di gravidanza,
e non riuscivo a sopportarlo.

Siamo andati a vivere a Sheikh Radwan,
e durante la guerra siamo rimasti lì.

Ed è lì che ho partorito, durante la guerra.

Quando siamo tornati, la casa era distrutta,
abbiamo dormito una notte in mezzo alle rovine.

Sono andata a Shujaiyeh e poi sono tornata qui.

A quel punto Wadie aveva 6 mesi.

Un giorno improvvisamente,
fece molto freddo.

Wadie si è svegliato alle 9 del mattino.

Stavo giocando con lui
e intanto gli davo da mangiare.

All'improvviso ha iniziato a tremare dal freddo.

Ho provato a scaldarlo ma non è servito.
Era già troppo tardi per l'ospedale.

Mentre suo padre lo teneva in braccio,
ha smesso di respirare.

Il suo cuore si è fermato
Suo padre è corso per strada, non ci credeva.

Suo zio lo ha preso e ha cercato un'auto,
ma non siamo riusciti a trovarne una.

Non siamo riusciti a curarlo da soli,
poi hanno trovato finalmente una macchina.

Sono andati in ospedale e hanno fatto quello che potevano,
ma lui non si è più svegliato

Ci hanno detto che era morto.

Cosa posso dire?

Lo ricordiamo tutti i giorni.

Non riesco a togliermelo dalla mente.

Come se una parte del mio cuore,
fosse partita con lui.

I miei figli mi chiedono sempre di lui.
Vogliono dormire nella sua culla.

Lei vuole indossare i suoi vestiti.

Non potremo dimenticarlo.

Nonno!

La mamma piange di nuovo!

Sei venuto a trovarci 5 mesi fa
e non è cambiato nulla, vero?

Esatto, anche la stessa teiera.

Ancora peggio di prima!

- Sei stato qui in inverno, giusto?
- Sì.

Vi ringraziamo per aver parlato con noi,
rispettiamo tantissimo i giornalisti.

Nessuno ci ha raggiunto, nessun gruppo,
né Ramallah né Hamas.

Nessuno della Jihad islamica,
nemmeno il Fronte popolare, nessuno.

Nessuno è venuto a casa nostra,
come hai fatto tu.

Rispetto tutti i giornalisti,
che vengono a documentare la nostra situazione.

Spero che Fatah, Hamas, la Jihad, il Fronte Popolare,

o qualsiasi altro gruppo, venga a casa nostra,

si sieda con noi, come hai fatto tu,
e insieme beviamo del tè.

Nessuno ha parlato con noi.

È passato un anno e siamo sempre qui,
sempre nella stessa situazione.

Nell’ottobre del 2014, i leader mondiali
si sono riuniti a Il Cairo,

per reperire le risorse, per la ricostruzione
della Striscia di Gaza distrutta.

Il danno inflitto alle infrastrutture civili di Gaza,

da parte della offensiva di Israele,
ha superato gli otto miliardi di dollari.

Tuttavia, il segretario di Stato americano John Kerry,

ne ha promessi solo una frazione,

appena 212 milioni di dollari.

"Da questa conferenza non deve venire solo denaro,"

"ma un rinnovato impegno da parte di tutti,"

"a lavorare per una pace
che soddisfi le aspirazioni di entrambe le parti."

Alla fine, la metà
dei cinque miliardi di dollari promessi,

dai paesi donatori,
presenti alla conferenza a Il Cairo,

sono stati smistati,
tramite i servizi di sicurezza,

dell'Autorità Palestinese,

che governa le città della Cisgiordania,
quindi lontano dalla Striscia di Gaza,

e in coordinamento con l’esercito israeliano.

Entro il febbraio del 2015,

il Fondo delle Nazioni Unite
per la ricostruzione di Gaza,

si era completamente prosciugato,

ed ancora una volta, il popolo di Gaza,
è stato lasciato a se stesso,

e costretto ad usare
qualunque strumento avesse,

per salvare tutto ciò che potevano.

Nella città di confine di Khuza'a,

Yusef Hussein Najjar,
languiva ancora in un container,

soffocante per la calura estiva.

Cosa posso dire?
La situazione non potrebbe essere peggiore.

Quanto alla ricostruzione,
sentiamo parole ma non ci sono fatti.

Non vediamo edifici o altro.

Io vedo solo bugie.
Ci stanno mentendo.

Nessuno ci ha fatto una promessa vera,
ascoltiamo la radio,

e sono tutte parole vuote,
sono tutte promesse al vento.

Continueremo a soffrire
e potremmo finire per strada,

poiché sentiamo che i proprietari dei terreni,
potrebbero sfrattarci da qui,

e se questo accade, non sappiamo dove andare.

Non abbiamo un posto dove vivere se non qui.

Questo container in cui viviamo è un tormento,
d'estate si muore di caldo.

Mia madre sta male con questo caldo.

Dio aiutami!

Dio, abbi pietà di me!

Dio, abbi pietà di me!

Nel cuore di Shujaiyeh,

il luogo dove più feroce
è stato l'attacco ai civili,

tra macerie e rovine,

e dove appena una sola casa
era stata ricostruita,

ha avuto luogo il primo:
"Karama Gaza human rights film festival".

"In cima alle macerie,"

"ci troviamo insieme,"

"qui a Shujaiyeh,"

"nella fossa dei leoni della Resistenza."

"In questo luogo dove luce e oscurità,
si fondono su uno schermo bianco,"

"qui lungo il tappeto rosso,"

"i nostri passi annunceranno al mondo,"

"che noi siamo la cosa più importante
di questa scena."

"Nonostante la povertà, nonostante miseria,
nonostante essere senza casa nella nostra patria."

"Qui sulle mura che sono sopravvissute alla guerra,
e sono rimaste in piedi,"

"vedremo i palestinesi soffrire e sognare."

"Risorgiamo dai morti e ritorniamo alla vita."

"Benvenuti nell’era dei diritti umani falliti."

"Illuminiamo uno schermo sull'orizzonte,"

"sull’abuso verso i diritti del popolo palestinese."

"Se siamo vittime di brutalità,
questa è la nostra luce nell’oscurità,

"che invita il mondo
a testimoniare la dignità di Gaza."

"È un invito a guardare i film,
sui diritti umani dei palestinesi."

"Lo facciamo per smascherare l'assassino."

"Nonostante la morte e la distruzione,"

"siamo ancora pieni di vita!"

Questo sogno in realtà non si è avverato.

Questo è il centro di Gaza City.

I simboli della resistenza qui sono ovunque...

Un monumento al razzo M75 costruito in casa,

e cartelloni pubblicitari in onore delle
"Brigate ʿIzz al-Dīn al-Qassām",

che difendevano Gaza dall’esercito israeliano.

"Corri, Khabib!"
dice il cartello,

prendendo in giro le forze speciali israeliane
armate dagli americani,

che si sono ritirate nella battaglia di Shujaiyeh.

In un uliveto a est di Gaza,

i membri volontari delle
"Brigate al-Nasser Salah al-Din",

si addestrano per un’escalation militare,
che considerano inevitabile.

Spingi!

Ottimo!

- Lode a Dio!
- Dio è il più grande!

Avanti, esci.
Spingiti fuori.

Forza, Marwan, esci, più veloce!

Sì, tu dietro di lui, Ali.

Non siamo nati combattenti,
siamo esseri umani, come tutti gli altri.

Al contrario, siamo più gentili degli altri,
perché siamo pazienti e sopportiamo.

Vediamo i nostri martiri, i nostri fratelli,
fatti a pezzi e nel sangue, e resistiamo.

Sopportiamo perché il nostro obiettivo
è più grande della singola persona.

Difendiamo una causa, una dottrina,
e una patria che ci è stata rubata.

Ci siamo uniti alle "Brigate al-Nasser Salah al-Din"
per liberare la nostra terra,

e lasciare che i nostri martiri
riposino nelle loro tombe.

Sono Abu Mohammad.

Camminiamo sul cammino dei martiri
e dei leader che ci hanno preceduto,

per liberare Gerusalemme e tutta la Palestina
dall’occupazione.

Ci aspettiamo che da un momento all’altro,
venga scatenata la quarta guerra contro Gaza,

entro i prossimi 6 o 7 anni.

Ce la aspettiamo,
e alla fine della guerra del 2014,

la Resistenza era già pronta a combattere
per diversi anni, non mesi o giorni.

Ci umiliano. Distruggono le moschee
e massacrano i nostri figli.

Il mondo vede tutto e non fa nulla.

Noi siamo qui nei battaglioni Al Nasser,
ma qualsiasi gruppo di Resistenza popolare o nazionale,

e chiunque sia musulmano,
dovrebbe difendere il popolo palestinese.

Quasi un anno dopo aver incontrato per la prima volta
la famiglia di Salem Shamaly,

il giovane giustiziato davanti alla telecamera
da un cecchino israeliano,

abbiamo fatto visita a suo fratello minore, Wasseem,

che ci ha spiegato come il dolore per la perdita,

si fosse solo aggravato dopo la guerra.

Tutta la mia vita è cambiata.

Non riesco più ad uscire e divertirmi.

Quando c'è un matrimonio o qualche festa,
io non partecipo.

Vado, sto lì un po' e poi torno a casa.

Tutto è difficile sia che io sia a scuola,
a casa o mentre cammino per strada.

Dopo la guerra e la morte di Salem,
non mi sento più a mio agio da nessuna parte.

Prima della guerra c’erano giorni normali,
uscivamo e giocavamo.

Andavamo ovunque.

Ma dopo la guerra, dopo il suo martirio,
ho smesso di uscire.

Se esco, è solo appena fuori dalla porta di casa.

Ogni venerdì vado al cimitero a trovarlo,
poi torno a casa.

Voglio unirmi alla Resistenza per vendicarmi
di coloro che lo hanno ucciso.

Voglio solo unirmi per Salem,
per mio fratello e per il popolo palestinese.

Chiunque abbia perso un fratello
vuole unirsi alla Resistenza.

I miei amici della moschea, che hanno avuto morti,
vogliono unirsi alla Resistenza.

Vogliono vendicare i loro fratelli
e riprendersi il sangue dei loro fratelli, dall'occupante.

La resistenza assume molte forme a Gaza.

Questi sono i "Camps Breakerz",
la prima crew di b-boy di Gaza.

Ce lo ha spiegato il loro fondatore, Shark,

di come la cultura dell'hip hop
lo ha aiutato a mantenere alto il morale,

durante l'assedio.

Siamo ballerini di hip hop.

Usiamo il nostro ballo,
per dimenticare cosa sta succedendo,

con gli egiziani o con gli israeliani.

Perché se non abbiamo qualcosa,

per farci sentire meglio, come ballare,

saremo come i tanti dei fuori di testa,
che camminano per le strade.

Ci sono un sacco di persone qui,
che non puoi nemmeno guardare,

come se fossero persone vive...

sono degli zombie che camminano per le strade...

a causa di questa situazione di merda.

Ecco perché non parliamo di cose politiche.

Non sono affari nostri.

Sappiamo che non avremo un confine da percorrere,

né dal lato egiziano né da quello israeliano.

Se non abbiamo una mente sana,
crolleremo, ci arrenderemo,

e non vivremo una vita normale.

E' questo quello che pensiamo qui.

Ecco tutto.

Per la quindicenne Malak Mattar,

studentessa e pittrice autodidatta di Gaza City,

il cavalletto e il pennello sono altrettanto potenti,

come qualsiasi altro strumento per resistere.

L'arte è qualcosa come...

Se non lo faccio, non mi sento bene.

A volte, quando ho bisogno di disegnare qualcosa,

mi sento pazza,

piena di energia,
perché ho proprio bisogno di esprimermi.

L’arte è come un linguaggio,
che tutto il mondo può comprendere.

Con la mia arte posso resistere
con i miei materiali,

posso resistere con i miei quadri.

La mia arte è semplice, ma agisce su di me.

La maggior parte delle persone qui,
a causa della situazione a Gaza,

sono tutte interessate alla politica.

Non c'è spazio per la creatività.
Non c'è spazio per i talenti.

Nonostante l’importanza della politica,
io la odio,

perché è un pozzo senza fondo.

Non mi piacciono le persone
che si occupano solo di politica,

e pensano alla politica più che a se stessi.

Voglio dire che non siamo documenti,
e non siamo numeri,

di cui si parla solo quando veniamo uccisi
o feriti da aerei israeliani,

ma siamo esseri umani,
e siamo il popolo di Gaza,

che ha il diritto di vivere,

ed esprimere i propri sentimenti,
come qualsiasi essere umano al mondo.

Posso dirti che amo Gaza,

ma a volte ho bisogno di avere
delle opportunità,

per farmi conoscere al mondo,
per far sapere chi è Malak.

Qui a Gaza invece,

a nessuno importa.

Cosa faccio, o cosa non faccio, è uguale.

Quindi la mia unica speranza è viaggiare all'estero,

muoversi liberamente, senza restrizioni,

in un luogo dove la gente apprezza l'arte...

qualsiasi posto.

Non ho un paese particolare.

Fino ad ora, anche i ragazzini della mia età,

stanno ancora cercando di riprendersi.

Stanno ancora cercando di guarire dall'ultima guerra.

Non è qualcosa di facile da dimenticare.

Anche nella mia breve vita,

ho solo 15 anni,

quello che ricordo è solo l'ultima guerra.

Se mi parli della mia infanzia,

ricordo solo la guerra.

E non esiste una cosa del genere...
tre guerre...

ho assistito a tre guerre.

Non esistono cose belle da ricordare.

E' così che stanno le cose.

Non ci sono diritti per noi.

Nei giorni 9 e 10 ottobre 2015,

centinaia di giovani si sono radunati,
nella zona cuscinetto,

tra Israele e Gaza.

Per l’esercito israeliano questa
è un’area a fuoco libero.

Secondo la sua politica,

chiunque si avvicini
entro 300 metri dalla recinzione,

è un obiettivo che può essere colpito.

I manifestanti sono arrivati,

senza avere avuto l’approvazione
delle autorità locali,

non avevano armi e protezioni,

nient'altro che la volontà,

di affrontare faccia a faccia
il loro assediante.

I giovani palestinesi sono venuti,
per esprimere la loro unità,

con i loro fratelli palestinesi
in Cisgiordania,

nella lotta contro l’occupazione israeliana.

Questa giornata è un messaggio all’occupazione israeliana,
che i giovani palestinesi nella Striscia di Gaza,

continuano a lottare contro l’occupazione israeliana
con tutti i mezzi legittimi.

Come potete vedere, si tratta di pietre
contro dispositivi militari,

i più potenti nel Medio Oriente.

Pietre, pneumatici in fiamme e fionde,
sono cose semplici, che i giovani palestinesi,

usano per esprimere l'unità con i fratelli in Cisgiordania,
contro l’occupazione israeliana.

Per due giorni di fila,

i manifestanti hanno sventolato
la bandiera palestinese,

e hanno lanciato raffiche di sassi,

contro i soldati che controllano l’occupazione di Gaza.

Con una fornitura apparentemente infinita
di gas lacrimogeni,

e una pioggia di veri proiettili,

l'esercito israeliano ha cercato di respingerli
dalla zona cuscinetto.

Durante le proteste sono rimasti feriti circa 145 giovani.

Due miei amici sono rimasti feriti oggi,
uno alla gamba

e l'altro alla mano.

Ma nonostante questo, continueremo ad inviare
il nostro messaggio agli occupanti israeliani,

il messaggio che il popolo palestinese continua a combattere.

Il popolo palestinese mantiene saldamente
i suoi principi e le sue convinzioni,

e sa che il sangue è l'unica via
per la lotta e per la liberazione,

da questa occupazione.

Altri sette ragazzi non sono mai tornati a casa,

vittime della politica israeliana
di sparare per uccidere.

Oggi l’occupazione israeliana
spara direttamente alla testa,

e allo stomaco, questo significa
che l’occupazione spara per uccidere.

Per due giorni,

i giovani di Gaza hanno
messo in gioco i loro corpi,

per scuotere la loro gabbia,

per battere sui pesanti cancelli di Gaza.

Ma finita la guerra,

e l'attenzione del mondo
si è concentrata altrove,

rimasero a chiedersi se qualcuno
stesse ascoltando.

"Senza niente"

"Porta una candela che hai creato tu,"

"accendila e guardala splendere,"

"in una stanza buia e fredda."

"Attendi fino all'ultima sua parte."

"Guardala ferma nell'oscurità."

"Una fiamma dopo l'altra,"

"arde, scintilla, resiste."

"Arriva un uragano e la spegne."

"Così debole, così indifesa."

"Porta tuo figlio ovunque tu vada."

"Nove mesi nel grembo materno
e molto di più nella vita."

"Portano felicità e gioia."

"Illuminano quando tutto è buio."

"Poi molto prima
dell'età della debolezza,"

"arriva un occupante e li fa esplodere,"

"li fa a pezzi."

"Senza denti, senza occhi, senza gusto, senza niente."

Dall'ultima volta che abbiamo ripreso,
all'interno della Striscia di Gaza,

il nostro permesso di entrare è stato negato,

dall'Ufficio Stampa del governo israeliano.

Gaza è stata praticamente tagliata fuori
dal mondo esterno.

L'elettricità è stata ridotta
a due o tre ore al giorno.

L’acqua corrente sta diventando scarsa.

Coloro che vogliono andarsene
lo fanno appena possono,

e coloro che rimangono si domandano,

quando scoppierà la prossima guerra,

chi vivrà e chi sarà il prossimo a morire.

Israele e i suoi alleati stanno uccidendo Gaza,

eppure il suo popolo resiste all’assedio,

alla continua guerra,

alle privazioni e all’emarginazione,

indomiti nella loro lotta per vivere liberi.

Versione italiana: Esprit 11/2023

Questo film è dedicato alle vittime
della prossima guerra di Israele